13 Luglio 2017
Primo piano

Calano abitazioni all’asta, ma dramma case in vendita forzata rimane consistente


Il numero delle case all’asta in Italia è diminuito del 31% in sei mesi: le procedure in corso sono infatti 22.969, a fronte delle 33.304 rilevate lo scorso gennaio. Un’inversione di tendenza di dimensioni inattese che interrompe la crescita registrata nelle due precedenti rilevazioni: +5% nel luglio 2016, +10% a inizio 2017. Lo rivela il Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, che è stato presentato in Senato.

Il calo è generalizzato per tutte le fasce di prezzo degli immobili e oscilla tra il -15% di quelli compresi nell’intervallo tra 500.000 e un milione di euro e il -41% di quelli con un valore oltre i 3 milioni di euro, passando per il -33% di quelli fino a 100.000 euro, i più numerosi. A trascinare il crollo del dato sulle abitazioni finite in vendita forzata è stato il Nord del Paese, passato da 15.749 a 8.817 procedure (-44%): l’Italia settentrionale, che solitamente rappresentava poco meno della metà degli immobili in vendita, vede la sua quota scendere fino al 38% ma conserva comunque una preminenza rispetto alle altre macroregioni. Assai consistente anche la riduzione verificatasi nel Mezzogiorno (4.766 gli immobili attualmente interessati, -34%), mentre più contenuta è stata la flessione delle regioni centrali (-17%). Maggiori sofferenze, invece, permangono nelle Isole: in Sicilia e Sardegna il fenomeno si è addirittura accentuato, seppur in modeste proporzioni (4.503 case all’asta contro le 4.483 di sei mesi fa).

Poco meno di un quinto degli immobili oggetto dello studio, pari a 4.438 unità, è localizzato in Lombardia, che mantiene come sempre il primato in Italia e che è una delle tre regioni con una percentuale a due cifre in rapporto al totale nazionale. A seguire ci sono Sicilia (3.875) e Lazio (2.578), entrambe in controtendenza rispetto al dato complessivo avendo fatto registrare una crescita rispettivamente dell’8% e del 6%. Sforano il tetto del migliaio di abitazioni all’asta anche la Campania (2.190), il Piemonte (2.052), la Toscana (1.422) e la Puglia (1.325). A livello di province, invece, spiccano le 1.464 abitazioni in vendita forzata di Roma, che precede Bergamo (1.336), Catania (1.111), Palermo (1.076) e Brescia (1.000).

«Il quadro è meno preoccupante rispetto a quello di sei mesi fa – ha spiegato nel suo intervento l’ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro Studi –, anche se il numero delle persone che vive il dramma di una casa posta in vendita forzata rimane consistente. Sulla drastica diminuzione del dato possono avere inciso almeno un paio di fattori: da una parte il recepimento delle agevolazioni fiscali per le compravendite di questo tipo, che hanno fatto in modo che le operazioni con esito positivo siano evidentemente aumentate in numero assoluto e si siano svolte con maggiore rapidità; dall’altra il consolidamento della tendenza da parte degli istituti di credito ad attenuare l’irruenza nei confronti di chi si trova in una situazione di sofferenza finanziaria. Questo è dovuto a considerazioni di tipo strettamente contabile, visto che in media il valore delle abitazioni è nettamente calato rispetto all’anno di concessione del mutuo e, di conseguenza, un’asta non consentirebbe comunque al creditore di rientrare dei capitali erogati.

Più rischioso spingersi sul terreno di previsioni ottimistiche riguardo alla situazione macroeconomica del Paese, soprattutto perché, essendo il mercato delle aste la fotografia di una situazione di precarietà venutasi a creare anni addietro, non è azzardato ipotizzare che la perdurante stagnazione di medio-lungo periodo possa tornare ad accentuare il fenomeno nel prossimo futuro, condannandoci ancora una volta a numeri più severi. Tra l’altro, non può passare sotto silenzio che realtà storicamente più solide nel panorama economico nazionale viaggino in controtendenza rispetto al dato complessivo: il +49% della Valle d’Aosta o il +16% del Friuli-Venezia Giulia rispetto allo scorso gennaio non possono non far riflettere.

Altro dato assai indicativo – ha aggiunto Simoncini – è quello che conferma, ancora una volta, come sia sempre la fascia di reddito medio-bassa a pagare il tributo più rilevante alla crisi decennale attraversata dal Paese: il 66% delle case in vendita ha un prezzo inferiore ai 100.000 euro, quota che sale addirittura fino all’88% se si prendono in esame anche gli immobili appartenenti alla fascia tra 100.000 e 200.000 euro. Nella stragrande maggioranza dei casi, insomma, non si tratta certo di abitazioni di particolare pregio. Tanti impiegati, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, per anni capaci di fare fronte alle crescenti difficoltà, sul lungo periodo si sono trovati a pagare un conto salatissimo, arrivando a intaccare anche il patrimonio più prezioso: la prima casa.

Di contro, considerando il punto di vista di chi è interessato ad acquistare, la presenza sul mercato di tante case offre notevoli opportunità d’investimento. Molti istituti bancari mettono a disposizione strumenti finanziari ad hoc per procedere all’acquisto e i meccanismi di vendita all’asta sono trasparenti e tutto sommato semplici: chi ha disponibilità di denaro può realizzare dei veri e propri affari e c’è sempre la possibilità di farsi seguire da un tecnico o da un professionista del settore per avere la sicurezza di non commettere passi falsi».

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